Come sappiamo, alla “passione e morte” di padre Placido Cortese seguì un lungo “sabato santo” di silenzio, che stese un velo anche sulla vita del Servo di Dio. Per ben cinquant’anni non si venne a sapere nulla di preciso riguardo alla sua fine. Come interpretare questa misteriosa circostanza? Padre Cortese fu costretto in vita, per comprensibili ragioni, a proteggere il suo operato con un riserbo e un silenzio che raccomandava o addirittura imponeva anche agli altri, incurante delle incomprensioni che da questo potevano derivarne. Un silenzio che, pur non avendogli evitato un epilogo “tragico” della sua esistenza, tuttavia continuò a “proteggerlo” anche dopo. Sì, un silenzio “provvidenziale”, perché tutto quanto è disposto da Dio è “provvidenziale”. Ne era convinto il padre Antonio Vitale Bommarco OFM Conv. (1923-2004), chersino come il padre Cortese, già ministro provinciale e poi generale dell’Ordine e in seguito, arcivescovo di Gorizia, appassionato “promotore” della causa di canonizzazione del nostro Servo di Dio. Nel suo intervento alla sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana così si espresse:
“Dopo aver assolto al mio sentito dovere di riconoscenza, mi sia permesso di esprimere, in questo momento e in questo luogo, i miei sentimenti di concittadino e di confratello francescano, sulla figura del Padre Placido Cortese. Quando di una persona si sono perse tutte le tracce e quando le varie ricerche sono svanite nel nulla ed il tempo, allungando le distanze, sta coprendo con la sua polvere ogni ricordo, solo allora si capisce l’importanza di un’improvvisa ed insperata testimonianza che apre una nuova strada di ricerche con grandi risultati. Sul Padre Placido Cortese e sulla sua fine, per cinquant’anni non sapevamo niente, fino a quando la Divina Provvidenza dispose che una signora, qui presente, Adele Lapanje ved. Dainese domiciliata a Gorizia, allora incarcerata al Coroneo di Trieste, testimoniasse di aver udito la sofferta voce del Padre Cortese nel bunker delle S.S. in piazza Oberdan e dopo pochi giorni, verso la metà di novembre 1944, di aver appreso la sicura notizia trasmessa dai secondini che “padre Cortese era appena morto sotto tortura, senza che fossero riusciti a fargli dire i nomi dei suoi collaboratori”. Ricordo, scrive la signora, l’impressione generale per questa morte: un martire o un eroe, a seconda dei punti di vista. Da questa testimonianza, confermata nell’Arcivescovado il 23 ottobre 1995, è partita la nuova ricerca sull’eroicità delle virtù e sull’esercizio della carità senza limiti verso tutti: ebrei, sloveni, croati, militari e civili, del Padre Cortese. Mi sono chiesto più volte: perché per cinquant’anni un velo di mistero era sceso sulla figura, l’opera e la fine del Padre Cortese e perché in questi ultimi tre anni si sono potute raccogliere numerosissime testimonianze e documenti, di cui fanno fede i grossi volumi degli atti di questo Processo diocesano?
Se alla fine della guerra avessimo conosciuto subito la morte del Padre Placido, l’avremmo ricordato e commemorato, ma tutta la sua figura ed opera sarebbe stata sommersa nel grande numero di morti di quell’immane conflitto. La Divina Provvidenza ha permesso un mezzo secolo di silenzio, perché oggi, sulla base di numerose testimonianze, risaltasse non solamente l’eroicità di una morte e di una carità senza limiti, ma anche la santità di una generosa ed umile vita francescana. Inoltre, la Divina Provvidenza ha voluto che il Padre Placido Cortese entrasse ora in quel meraviglioso martirologio del secolo ventesimo, che il Papa Giovanni Paolo II ha ripresentato al mondo per «scoprire il legame profondo tra la storia di ieri e quella di oggi, tra la testimonianza evangelica offerta coraggiosamente nei primi secoli dell’era cristiana da tantissimi uomini e donne e la testimonianza che, anche nei nostri giorni, non pochi credenti in Cristo continuano ad offrire al mondo, per riaffermare il primato del Vangelo di Cristo e la sua carità» (Oss. Rom. 8.11.2003).
Abbiamo voluto concludere il Processo informativo diocesano della causa di canonizzazione del Servo di Dio Padre Placido Cortese in questo luogo sacro alla memoria di tante persone vittime dell’odio e di totalitarismi nemici di Dio e dell’uomo. Con questa celebrazione intendiamo rendere omaggio non solo al Padre Cortese, ma a tutti gli uomini e le donne immolati in olocausto nel forno crematorio di questa ex Risiera. Sono essi, insieme a tutti i morti nei campi di concentramento o gettati nelle foibe dell’Istria, sono essi i nuovi Martiri d’Europa. Mentre parliamo molto sul futuro dell’Europa non dobbiamo dimenticare la testimonianza dei Martiri, che ci parlano come difendere la giustizia, la carità, la pacifica convivenza dei popoli.
Che il caro Padre Placido Cortese, operatore di pace e di carità, Martire d’Europa, interceda presso Dio per un rinnovato e costante cammino di pace in Europa e nel mondo»[cf. Antonio Vitale Bommarco OFM Conv., Intervento alla sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana, in «Bollettino della Provincia Patavina di S. Antonio OFM Conv.», LXXIII, 2 (Luglio-Dicembre 2003), pp. 253-255].
Mons. Antonio Vitale Bommarco OFM Conv.
Arcivescovo emerito di Gorizia
Trieste – Risiera di San Sabba, 15 novembre 2003