Nel dare sue notizie evidenzia, attraverso un esempio concreto, il suo spirito di mortificazione e di penitenza, da autentico figlio spirituale di San Francesco d’Assisi. Si firma Mico, appellativo affettuoso con cui Padre Placido era chiamato in famiglia.
Dal Santo, domenica 5 febbraio 1933
Carissima mamma e Nina mia,
non so se Domenica passata scrissi a voi e non so se mi sia proposto di scriver ogni Domenica, ad ogni modo oggi scrivo: siete contente? Ho poi sempre paura che voi non mi diciate niente ed ho avute nel passato le prove perciò nessun rimprovero posso aver per questo. Sono i tempi un po’ brutti lì e qui: il raffreddore lo si piglia presto e poi bisogna tenerselo. In Convento sento che lo hanno diversi, il sottoscritto non per ora e spera che il Signore ve lo libererà in seguito. A starcene a letto non si guadagna molto! Perciò di nuovo ripeto: attenti! – Grazie a Nina – mia consultora – dell’avvertimento per il freddo apportatore di mali ai piedi. Quest’anno niente: me ne sto seduto pacifico e placido tutta la santa mattina senza il minimo disturbo. E poi, questa la voglio dire chiusa da parentesi (il Professore che m’ha portato a passeggio in quella domenica, come se ricordo scrissi, m’ha poi donato una magnifica – la chiamerò così – busta di gomma per l’acqua calda. Ivi si mantiene veramente calda per molto tempo e la potrei portare al Confessionale per riscaldarmi bene i piedi! Ma poi la penitenza dove va? La penitenza è facile darla agli altri: bisogna prima farla. Che mi dici? Non è vero?)!
A te si starebbe bene che – penso – avrai anche quest’anno i geloni, così lavoreresti meglio: se non mi dimentico te la vedrai arrivare a Cherso! Perché sono un gran dimenticone e insieme celebre pigrone! – E lo sono di più quando ritornato in stanza vedo i miei libri di Storia che mi aspettano. Mai posso fare qualche cosa. Il dopo pranzo – col sonno che mi fa calare il naso sulle vecchie carte – mi chiudo un po’ nell’Archivio ma anche lì mi viene a togliere la campanella del Coro. Posso raccogliermi nelle ore serali – dalle 10 a mezzanotte – (deve suonare presto, presto…) per scrivere alcunché perché col sentir solo peccati si diventa più ignoranti di quello che s’è! .. In stanza sto benino perché la sera alle 6 mi accendo la stufa, altrimenti, anche senza la bora di Cherso, batterei i denti dal freddo, specialmente poi la sera.
Vedi dove sono andato a finire; dirai: non sa proprio cosa scrivere. Non so se hai – addio al plurale… – ragione perché avrei tante cose ma che scriverle mi porterebbero lontano, lontano. Intanto – ritorno al plurale…, dirò che il giorno 12 – domenica – avremo in Basilica un grandioso “Te Deum” coll’intervento del Card. Patriarca di Venezia in ringraziamento a Dio per la Coronazione del Papa.
E poi è prossima la Lingua del Santo: a Padova festa come per il 13 giugno; forse in quel giorno avrò la fortuna di celebrare davanti alla Lingua benedetta ove ricorderò tutti quanti come faccio ogni giorno ma in modo speciale voi.
Ed ora alla tua, Nina – mi dici che anche Giorgio forse salirà il palco, che è così disinvolto come Meri? Venendo così a Cherso non avrà più paura della mia tonaca nera – Godo che Meri poi faccia anche piangere, basta che non faccia piangere la mamma! Si vede che Don Giuseppe vi vuol divertire un po’ per il Carnevale.
Per la mia solita pigrizia a Nicola non ho scritto così neppure a Tone: salutateli voi e dite loro che li ricordo. Tone mi scrisse a lungo sul suo male avuto a Cherso ma se tutto è superato non si deve più pensarci.
Ed ora chiudo questa con mille saluti sinceri alla veneranda triplice alleanza andando dai più piccoli ai più grandi.
Vi abbraccia e bacia
il vostro Mico