Il mese di gennaio di apre con la Giornata mondiale della pace, il primo giorno dell’anno, e si conclude con la Giornata della memoria, fissata al 27 del mese, nel giorno in cui si ricorda la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz (27 gennaio 1945). Tra le innumerevoli vittime dell’immane olocausto (sono milioni di persone) che insanguinò l’Europa, va annoverato anche il nostro Servo di Dio Placido Cortese che immolò la sua vita per salvarne altre in grave pericolo. Il suo sacrificio, come quello delle altre vittime, non va dimenticato. La deriva dell’oblio, o addirittura del negazionismo, va contrastata favorendo tutte le iniziative che, in occasione della Giornata della memoria, vengono promosse, a vantaggio, in particolare, delle giovani generazioni.
A questo scopo sono di grande efficacia le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del 75° anniversario delle stragi compiute nel Comune di Fivizzano, in Toscana, il 25 agosto 2019, presente anche il Presidente della Repubblica Federale di Germania, Frank-Walter Steinmeier. Ne presentiamo un estratto.
Memoria e verità sono alla base delle democrazie.
I popoli italiano e tedesco, negli anni fra i due conflitti mondiali, vissero esperienze tragiche e parallele.
La progressiva perdita di fiducia nei valori al centro della storia europea – il rispetto della vita, della dignità di ogni persona, della libertà individuale e collettiva – unitamente alla deformazione dell’idea di nazione, permise a regimi che avevano a spregio la democrazia di giungere a esercitare un potere assoluto, portando i nostri due popoli a combattere infauste guerre di aggressione, il cui scopo ultimo era l’aberrante costruzione di un sistema fondato su forza e arbitrio, sull’oppressione dell’uomo sull’uomo.
La notte delle coscienze condusse a immani tragedie.
La ritrovata bellezza e quiete dei nostri luoghi non può distoglierci dall’“esercizio della memoria”. Cedere alla tesi dell’oblio, rischieremmo una fuga da noi stessi, dalla nostra storia, con il prevalere dell’incomprensione di ciò che siamo, con il prevalere dell’indifferenza, dell’estraneità verso ciò che autenticamente costituisce la nostra Repubblica.
Si tratta di un rischio grave, che ci ruberebbe quella nostra storia di sofferenza e di riscatto. Offenderebbe il sacrificio dei nostri concittadini ai quali è stata sottratta la vita. Pretenderebbe di annullare il lutto dei familiari e il dolore di un’intera collettività.
Questo non può accadere.
Ha scritto Primo Levi:
“È accaduto, quindi può accadere di nuovo”.
E ancora: “Le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Il nostro futuro non può consistere nel ritorno a un passato di distruzioni, di oppressione dei popoli, di eccidi.
È nostro dovere impedire che si creino condizioni in cui questo possa riprodursi.
La nostra democrazia, i nostri valori di libertà, la spinta ideale che ha permesso all’Europa di risollevarsi e di riconciliarsi con se stessa, si fondano e si sviluppano proprio a partire dal sangue versato da innocenti, e dal conseguente commosso grido dei padri fondatori dell’Europa: “Mai più guerre, mai più lutti”.
Un appello – monito e implorazione al tempo stesso – che trovò eco attenta nelle coscienze di coloro che – sopravvissuti all’abisso della barbarie – si posero come obiettivo la costruzione di una nuova Europa, finalmente pacificata, nella quale ostilità e sopraffazione fossero bandite.
Sergio Mattarella
Presidente della Repubblica Italiana