Testimonianza di grande interesse, pubblicata su un quotidiano locale, con la firma L. B. (Lorenzo Brunazzo). A pochi mesi dalla fine della guerra un lettore scrive al giornale “L’Ora del Popolo” per mettere in luce la straordinaria opera di carità cristiana svolta da Padre Cortese a favore di soldati e prigionieri alleati. L’autore di tale lettera, di cui non viene riportato il nome, ma solo la provenienza (Rovigo), afferma di aver conosciuto personalmente il Servo di Dio, di esserne rimasto edificato, chiamandolo “pastore delle nostre catacombe”, e non ha esitazioni nel considerarlo un santo.
Riceviamo da un nostro lettore di Rovigo:
«A proposito dell’articolo apparso in corsivo su codesto giornale, sabato scorso, sotto il titolo “Come una famiglia di Padova ha posto in salvo decine di prigionieri alleati”, sarebbe ora che le autorità nostre informassero quelle alleate dell’opera colossale, per mole e durata, svolta in favore dei loro prigionieri di guerra e dei loro paracadutisti calatisi nel nostro territorio e appartenenti al “Field Security Section – Intelligence Service” da quel santo scomparso che rispondeva al nome di Padre Placido Cortese.
Il nome di P. Placido Cortese, accennato tra le righe del suddetto articolo, già direttore del «Messaggero di S. Antonio» e poi Padre penitenziere della Basilica del Santo, era il nome del pastore delle nostre catacombe. A lui correvano tutti coloro che soffrivano: uomini, donne, persone di ogni nazionalità, di ogni ceto, di ogni levatura morale e intellettuale, nelle più disparate fogge e costumi; e per tutti il biondo, magro, zoppino di Cherso, di età indefinibile, aveva un sorriso che doveva aver imparato in cielo, un sorriso che ti metteva subito pace e fiducia nell’animo; e subito dopo una parola buona e, quello che contava di più, l’opera fattiva che ti traeva d’impaccio.
Nel caso specifico dei prigionieri inglesi egli aveva una vasta rete di informatori, di benefattori, di personale vario oculatamente scelto che si muoveva ai suoi ordini o alle sue preghiere, soccorrendo, occultando, provvedendo a tutti i loro bisogni in modo che potessero sfuggire alle ricerche della S. S. e dei neri agenti della G. N. R. [Guardia Nazionale Repubblicana]. Torreglia, Castelnuovo, Abano, Carmignano sul Brenta, Padova stessa sono alcuni dei luoghi dove egli ha sottratto alla bile nemica i fratelli dei nostri liberatori. Si pensi: dall’inizio del 1943 fino alla fine dell’estate 1944, epoca nella quale un vile, attualmente rinchiuso nella casa di pena di Padova e già da lui beneficato, gli fece la spia e lo fece trarre in arresto davanti alla Basilica del Santo dagli sgherri della S. S. tedesca. Si dice che sia stato portato a Trieste; poi di là in Germania. Molti dicono che sia stato fucilato. Io ritengo che sia stato finito quasi subito in Padova, dopo inutili sevizie per fargli aprir bocca circa i luoghi e le persone che egli teneva nascoste. Ma spero di sbagliarmi. Non potrebbe l’autorità militare alleata, che dispone di mezzi che noi non abbiamo, interessarsi della sorte del nostro, del loro caro “zoppino” che camminava zoppo anche per l’enorme peso di bene che gli gravava sulle spalle?».
L. B.