La nave che lo aveva portato in Africa lo accoglie nuovamente per il ritorno in patria. Egli ora non ha più sogni e speranze perché la sua volontà è quella di Dio alla quale è abbandonato con fiduciosa certezza ch’Egli penserà pure a lui come pensa alle creature più umili e nascoste.
La nave aveva drizzata la prora verso il Portogallo ma lungo la rotta una violenta tempesta scoppiò, che trascinò inaviganti verso altri lidi.
Sulla fine di marzo del 1221 Antonio approdò alle rive di Sicilia. Qui trovò dei confratelli buoni che lo accolsero come una benedizione e in breve potè ristabilirsi in salute.
Per la Pentecoste di quel 1221, 23 maggio, Antonio voleva essere presente al Capitolo Generale ad Assisi per vedere il Padre Serafico e sentire la sua parola.
Con altri confratelli prese il lungo viaggio ma ora era leggero. Il Signore gli aveva parlato forte al cuore, gli aveva indicato ove era riposta la «perfetta letizia».
Nascosto a tutti, come l’ultimo dei figli dell’assisiate, egli è nella piana di Assisi che risuona delle preci e dei canti dei cinquemila frati che da ogni dove giunsero con lo stesso vivo desiderio di sentire la voce del Padre. Nessuno più di Antonio ne sente il fascino potente. Troppo poco gli avevano raccontato i fraticelli di Olivares e quelli di Sicilia;Francesco aveva diffuso nel bel cielo umbro un’atmosfera di fede, di carità e di fraternità nuova. Quelli che assistevano a quel capitolo «delle stuoie» – e venivano molti dalle città vicine, da borghi e castelli – ne riportavano un ricordo incancellabile.
I figli dovevano seguire l’esempio del Padre nell’umiltà, nella povertà, nella carità per rinnovare il mondo che ad essi guardava con grande fiduciosa speranza.
Antonio però resta umile e sconosciuto non solo a San Francesco ma pure agli altri frati. E quando tutti stanno per andarsene, vedutosi dimenticato, s’accosta a Fra Graziano, Provinciale di Romagna, e gli chiede di prenderselo nella sua provincia. Sentito poi ch’era sacerdote lo chiese e portò a Romagna.