Durante la sua permanenza a Roma per gli studi, Padre Placido collabora alla redazione del bollettino che i Frati custodi della Basilica dei SS. XII Apostoli, presso la quale ha la sua sede la Curia generalizia dell’Ordine, curano per sostenere la devozione al Santo di Padova. È un giovane Padre Placido a stendere questo articolo, ordinato sacerdote pochi mesi prima (6 luglio 1930), all’età di 23 anni. Traspare dal testo tutto l’entusiasmo per la figura del Santo, alla vigilia del settimo centenario della sua morte (1231-1931).
Ut sol nites Paduae…
(Come un Sole splendi a Padova)
Card. G. di Monfort
Nelle antiche litanie del Santo di Padova vi è mirabilmente come in un canto, compendiata tutta la sua vita.
Noi ve la trascorreremo fermandoci, ogni mese su d’un versetto.
Sant’Antonio di Padova, pregate per noi! È questo il grido dell’umanità sofferente, che ha trovato il suo consolatore, il suo benefattore!
In ogni più riposto e sconosciuto paese della nostra bella patria, come in quelle chiesuole erette dal missionario nelle lande selvagge della Cina e in quelle infuocate dell’Africa, la sua figura s’erge confortatrice e dinnanzi al suo altare il popolo fedele si riversa per deporre i voti, per vedere il prodigio.
Chi pensava a tutto questo entusiasmo delle folle, quando, povero minorita anelante al martirio, veleggiava verso la terra dei suoi sogni, verso il Marocco?
O quando saliva l’eremo di Monte Paolo?
Francesco Santo, apparso al mondo come il Cristo redivivo, aveva predicato – in questa aiuola, che ci fa tanto feroci – l’amore; Antonio porterà e agiterà questa sacra fiamma là, dove l’odio arde più forte.
A Padova, ove un tiranno calpesta i diritti dell’innocenza, ove gli avari sono più ostinati, ove l’eresia ha pure i suoi covi, verrà Antonio, ad essa lo dirigerà la Provvidenza divina. È qui che la sua voce sarà tromba profetica, che chiama il suo popolo a Dio.
Sparirà Ezzelino, sarà odiato e dimenticato il suo nome, crolleranno i vecchi baluardi di ferocia, di tirannia: e a Padova sarà innalzata al Protettore, allo strenuo difensore, la Basilica meravigliosa, che racchiuderà nei secoli l’urna benedetta del Nostro Santo.
O Felix Padua, quae thesaurum possides, scriveranno i secoli, ripeteranno le folle osannanti! Felice città, perché sotto le aeree cupole e fantastiche torri un grande cuore palpita, ascolta, consola..!
Dacché gli Angeli – lo ha immaginato e ritratto nell’abside della Basilica il Casanova – hanno legato col cordiglio francescano i gigli al gonfalone della città, Egli non sarà più di Lisbona, della città turrita del Tago, ma di Padova!
O Angelo della cupola più alta, dà fiato alla tua tromba: canta le glorie del nostro Santo, chiama i popoli al suo sepolcro!
Dì che l’aurora del Grande Centenario (VII della sua preziosa morte) è sorta radiosa: ripeti pure tu lassù nell’azzurro cielo il nostro grido accorato: Sant’Antonio di Padova, pregate, pregate per noi!
P. C.