Nel mese dedicato alla commemorazione dei Defunti, Padre Placido propone una puntuale riflessione sul mistero della morte. Non sfugge, anche in questo testo, un suggestivo presagio profetico: “La morte ci trovi con la lampada della carità accesa”. Come avvenne nel “martirio di carità” del nostro Servo di Dio.
Da quando, dopo il primo peccato, risuonò nell’Eden la terribile sentenza di morte, per l’uomo creato alla vita, tutta la terra è un sepolcro. Ogni uomo, dal dì che apre gli occhi alla luce, va incontro a sorella morte. Con squisita poesia S. Francesco la salutò così perché ad ognuno essa dovrebbe essere messaggera di pace e di gaudio: la vita corre veloce, sorella morte apre la porta della felicità senza fine.
Mentre invece è voce di dolore ai felici e gaudenti della terra, di paura ai potenti e agli oppressori, di rimorso agli scellerati e solo ai pii e ai buoni voce di speranza.
Beati chiama la Chiesa i morti che chiudono gli occhi nella luce di Dio. Il giorno del loro passaggio all’altra riva è il dies natalis, il giorno della vera nascita perché solo allora nascono non alla morte ma alla vita.
Meditiamo sulla caducità delle umane cose per amare e seguire le eterne ineffabili verità. Le prime passano, le seconde rimangono. Pellegrini verso una dimora di gloria e di felicità, dobbiamo fermare le nostre aspirazioni su quello che ci attende oltre la tomba e operare in modo da renderci degni delle promesse di Cristo. Il premio può attenderlo solo chi ha combattuto sino alla fine. Se nulla abbiamo fatto di bene corriamo e operiamo presto: la morte ci trovi con la lampada della carità accesa.
In questo Novembre che passa, sacro ai nostri morti, pensiamo e preghiamo per tutte le anime che ci hanno preceduto sulle vie della vita, perché, se non la avessero ancora, presto abbiano la luce di Dio.
fpc