Troviamo molto presto i francescani in Portogallo; nel 1227 la sorella del re, la Principessa Sancha, aveva loro donato una piccola casa ad Alenquer; non molto dopo la regina Uraca aveva loro offerto, a un miglio da Coimbra, un altro conventino chiamato, dagli oliveti che lo circondavano, S. Antonio Di Olivares.
I frati del piccolo convento scendevano ogni tanto in città e bussavano pure alle porte della ricca abbazia. Fernando era portinaio e poteva cosi fermarsi a ragionare con quei poveri semplici seguaci del Padre Serafico e apprendere da essi che per andare missionario e morire per Cristo non c’erano ostacoli. Qualunque poteva chiedere questa grazia ai Superiori.
L’esempio dei Protomartiri lo aveva illuminato: aveva compreso che il martirio era la più grande testimonianza d’amore, che la vita data per Cristo era il più ambito privilegio che la creatura potesse desiderare.
Ma ci voleva il consenso del Superiore che non sarebbe stato così facilmente persuaso a perdere il più prezioso ornamento del monastero. Era a tutti noto che al solo tocco della veste di Fernando il maligno aveva abbandonato un vecchio confratello; si diceva pure che impossibilitato di essere in chiesa al momento dell’elevazione le mura s’erano aperte ed egli aveva adorato il Signore.
Perciò la famiglia agostiniana a malincuore diede il necessario consenso; e non reca meraviglia se uno, nell’abbraccio d’addio, abbia mormorato: «Va’ va’, che diventerai santo». E Fernando umilmente gli rispose: «Quando tu saprai ch’io sono santo, tu loderai il Signore».
Vennero da Olivares gli umili fraticelli con l’abito nuovo che Fernando indossò con gioia deponendo la bianca tonaca. Da questo giorno egli non sarà più Fernando dei Buglioni, ricco e dotto, ma Antonio dei minori, povero e umile. Anch’egli come Francesco si scalza per correre dietro alla sposa che ha conquistato il cuore dei nuovi cavalieri di Cristo.