Fra Luciano (1912-2003) e Padre Fulgenzio (1913-1998), frati del Santo, hanno sempre coltivato la memoria riconoscente di Padre Placido Cortese, del suo prodigarsi per il prossimo bisognoso e dell’esemplarità della sua vita francescana e sacerdotale, sostenendo con convinzione la proposta di aprire la causa di canonizzazione. L’età avanzata e la morte non hanno permesso di raccogliere le loro deposizioni nell’inchiesta informativa diocesana svoltasi a Trieste, ma ci hanno lasciato una testimonianza antecedente, sottoscritta da entrambi. Padre Fulgenzio Campello, inoltre, che gode tuttora di buona fama e di “devozione” da quanti hanno beneficiato del suo intenso ministero sacerdotale, fece pervenire a confratello Arcivescovo di Gorizia, Padre Antonio Vitale Bommarco, un suo ricordo, ricco di particolari.
50° della morte del P. Placido Cortese
“Memoria ne pereat”
Il P. Placido Cortese nacque a Cherso (Pola) il 7 marzo 1907. Entrò in collegio il 4 novembre 1920.
Fece il noviziato al Santo, sotto la direzione del P. Ferdinando Basso ed emise la prima professione il 4 ottobre 1924.
Studiò nei seminari della Provincia e a Roma, dove fu ordinato sacerdote il 6 luglio 1930.
Dimorò nel convento di Milano e in quello del Santo in Padova.
Come Ufficiatore della Basilica fu zelante e ricercato confessore, sempre pronto a supplire qualcuno per celebrare la Messa di orario e per far da diacono alla Messa cantata.
Il 9 febbraio 1937 fu nominato direttore del Messaggero di S. Antonio. Nei sei anni in cui ricoprì tale incarico ebbe modo di manifestare la sua versatilità e il suo ingegno scrivendo molti articoli e lettere agli associati, raddoppiando così il numero degli iscritti alla rivista antoniana.
Ideò la costruzione della tipografia ed ebbe la gioia di vederla realizzata: in questa tipografia dal 1939 fu stampato il Messaggero di S. Antonio, che prima si stampava nella tipografia del Sig. Bolzonella in Piazza del Santo.
Durante la guerra 1940-45 fu incaricato dalla S. Sede di assistere gli Ebrei, i profughi e i prigionieri rinchiusi in un campo di concentramento nella zona di Chiesanuova (Padova) e in particolare si occupò di rifornirli di cibo, vestiario e medicinali.
La sua opera assistenziale e caritativa verso i perseguitati politici venne ad essere scoperta dagli occupanti tedeschi che decisero di eliminarlo nel modo seguente: verso le 13.30 dell’8 ottobre 1944 due individui sconosciuti si presentarono alla portineria del convento chiedendo di parlare con lui. Il P. Placido che non sospettava nulla, si recò subito in chiostro e, conversando con loro, si portò nella piazza del Santo, vicino al Museo, dove era appostata un’automobile in attesa; i due sconosciuti lo fecero salire e scomparvero.
In seguito furono fatte indagini e si seppe che in primo tempo P. Placido era custodito dalle SS tedesche nel carcere di Trieste.
Il P. Placido Cortese, come attestarono dopo lunghe indagini, Monsignor Walter Jansen, vescovo ausiliare di Colonia e il P. Policarpo, segretario provinciale dei Frati Minori Conventuali della Germania, non è mai arrivato in quella nazione e, quindi, resta valido quanto afferma la signora Adele Dainese, che il P. Placido Cortese è morto dopo torture nel palazzo in cui c’era la sede delle SS tedesche.
Il Comune di Padova gli ha dedicato una via nel quartiere S. Pio X. Gli Alleati gli hanno attribuito una onorificenza e la Cecoslovacchia gli ha concesso un’ulteriore decorazione.
Padova, ottobre 1994
Fra Luciano Forese
P. Fulgenzio Campello
Ricordo di P. Placido Cortese
Padova, 24. 1. 1996
Il sottoscritto P. Fulgenzio Campello ricorda il confratello P. Placido Cortese come un frate di preghiera, di lavoro e di grande carità per il prossimo.
- Frate di preghiera. Oltre alle pratiche ordinarie di pietà comunitarie, io vedevo P. Cortese nella Cappella interna del Convento verso le 22 e 23 a trattenersi nella preghiera personale oppure a completare l’Ufficio divino.
- Frate laborioso. Aveva una bella intelligenza e perciò oltre ad essere penitenziere della Basilica [ministero delle Confessioni] P. Cortese dirigeva pure la rivista “Il Messaggero di S. Antonio” e poi s’impegnava anche a fare ricerche nelle biblioteche di alcuni Santi francescani come S. Bernardino da Siena nella terra veneta o di qualche frate del secolo scorso vissuto al Santo e distinto per santità o per cultura.
- Frate di grande carità per il prossimo. Le opere di misericordia corporali e spirituali erano il suo pane quotidiano durante la guerra (1942-44). Dopo la sua scomparsa sono entrato nella sua stanza. Era un piccolo negozio di generi alimentari: vi erano sacchi di zucchero, di caffè, di pasta e poi indumenti e tutto questo per i prigionieri croati, sloveni, inglesi, ebrei e di altre nazioni. Soccorreva tutti senza distinzione di religione o di nazionalità.
(Oltre) A questa attività caritativa prestava pure la sua assistenza spirituale ai croati e sloveni rinchiusi nel carcere giudiziario di via Belzoni, 3 Padova (Paolotti), invitato sempre da Mons. Antonio Michieli, segretario del Vescovo Agostini.
Per queste molteplici prestazioni ai prigionieri di varie nazioni meritò una degna onorificenza da parte degli Alleati e un’ulteriore decorazione dalla Cecoslovacchia che ho ritirato dai rispettivi comandi di Via del Santo alla fine della guerra 1945.
In fede
P. Fulgenzio Campello