Poi anche la pace di Padova venne turbata. Ezzelino da Romano – che Dante troverà nell’Inferno – avido di ricchezze e di governo, orgoglioso e spietato vinse i Sambonifacio di Verona e li tenne imprigionati. Padova si mosse, mise in fuga il nemico ma non furono liberati i prigionieri. Si pensò allora in città che solo il frate di Santa Maria poteva sfidare il tiranno non con l’armi ma con la spada della parola: solo frate Antonio avrebbe potuto penetrare e uscire dal castello del feroce tiranno.
Antonio ancora una volta si rimise in cammino. Si presentò ad Ezzelino a Verona il quale tremante ascoltò l’ardore apostolico di quell’angelo di pace, promise che avrebbe liberato i Sambonifacio. Ma troppo era superbo il tiranno: i prigionieri furono liberati nel 1232 dopo la morte di Antonio. I Padovani però erano più liberi uno di loro aveva osato difendere i principii del bene contro le oscure forze del male. Ezzelino, sordo alla voce della giustizia, non tarderà ad avere quella vergognosa sconfitta a Cassano d’Adda ove sarà ucciso e un nome di maledizione per le generazioni future.