Bollettino della Parrocchia «Immacolata e S. Antonio» di Milano – Febbraio 1937:
Beato Odorico da Pordenone

Bollettino della Parrocchia «Immacolata e S. Antonio» di Milano – Febbraio 1937:
Beato Odorico da Pordenone

Prima di lasciare la Parrocchia, dove era stato Viceparroco per tre anni, Padre Placido scrive questo articolo dedicato ad uno tra i maggiori missionari dell’Ordine Francescano e della Chiesa: il beato Odorico da Pordenone, che dettò a Padova, nel convento del Santo, una straordinaria «Relatio» che lo rese famoso, un autentico best seller, considerato il numero di codici sparsi qua e là, documento prezioso che testimonia dell’epopea missionaria di cui fu protagonista l’Ordine Francescano tra il XIII e il XIV secolo nel favoloso impero dei Tartari. Le ultime ricerche hanno corretto alcune date della biografia del beato, rispetto a quelle segnalate da Padre Cortese.

beato Odorico

Beato Odorico – Giuseppe Riva 1861-1948 – Convento del Santo

Odorico nasce a Vilanova di Pordenone nel 1285 circa, entra tra I Frati Minori del convento di S. Francesco di Udine e viene ordinato sacerdote.

Nel 1318 inizia da Venezia in lungo viaggio missionario, per mare e per terra, alla volta della Cina, toccando India, Sri Lanka, le isole dell’Indonesia e delle Filippine e Vietnam. A Cambalech (l’odierna Pechino), per tre anni, annuncia il Vangelo e battezza.

Ritorna quindi in patria, percorrendo la famosa “Via della seta”, con l’obbedienza di recarsi dal Papa e sollecitare l’invio di altri missionari in Estremo Oriente. La morte lo coglie a Udine, il 14 gennaio 1331, dopo aver dettato a Padova, nel convento del Santo, la relazione del suo straordinario Itinerarium.

Il suo corpo incorrotto riposa nell’artistica Arca marmorea, ora nella chiesa del Carmine in Udine. Da sempre venerato, fu proclamato beato nel 1755. La causa per la sua canonizzazione è ripresa nel 2002, promossa dai Frati Minori Conventuali. Si è in attesa della sua iscrizione nell’albo dei Santi.

ITINERARIO Odorico

 

A Udine, dopo l’ora del tramonto del 14 gennaio 1331, lasciava questa terra per il cielo un grande frate missionario, il B. Odorico da Pordenone.

Nato circa il 1265 (recte: 1285), a 15 anni vestì il saio francescano nel convento di Udine; a 25 anni fu ordinato sacerdote. Passati alcuni anni chiese ai Superiori di poter seguire la sua vocazione di apostolo tra gli infedeli. (Del suo lungo viaggio in Oriente) noi abbiamo la narrazione fatta dallo stesso Beato.

Egli muoveva alla volta dell’Asia … nel 1314 (recte: 1318) e (circa dodici) anni più tardi, nel maggio del 1330, (a Padova nel convento del Santo) egli, per ordine esplicito del ministro Provinciale della provincia di S. Antonio, dettava a fra Guglielmo da Solagna la relazione del suo viaggio e le peripezie di esso.

Se tante cose strane e curiose egli ci narra, da studiosi seri giudicate vere e non parto di fantasia, non dispiacerà segnalare quello che il Beato ci racconta nell’ultimo Capitolo del suo Itinerarium e cioè: Della riverenza che il Gran Khan fece al Santissimo Segno della Croce.

Sebbene il brano sia un po’ lungo, lo riportiamo per esteso nella bella traduzione di Giorgio Pullè (Viaggio del Beato Odorico da Pordenone, ediz. Alpes – Milano MCXXXI) perché ci fa vedere con quale spirito il frate minore varcava i mari e si inoltrava in terre inospitali.

Si doveva far trionfare in ogni dove la Croce di Cristo e predicare ai popoli la salute e la redenzione.

“Mentre dunque una volta egli (il Gran Khan) veniva verso Cambalech e si parlava in modo sicuro della sua venuta, un nostro Vescovo [si tratta del francescano Giovanni da Montecorvino, primo Arcivescovo di Cambalech-Pechino e Patriarca di tutto l’Oriente] e alcuni nostri frati Minori ed io gli andammo incontro per ben due diete. E, mentre ci avvicinavamo a lui, ponemmo una croce sopra un legno, cosicché ci potesse vedere pubblicamente. Io invece tenevo in mano il turibolo, che avevo portato con me, e cominciammo a cantare ad alta voce, dicendo: «Veni Creator Spiritus» ecc. E mentre così cantavamo egli udì le nostre voci e ci fece chiamare e ordinò che andassimo da lui. E come qui sopra abbiamo già detto che nessuno osa avvicinarsi al suo carro più di un tiro di sasso se non è chiamato, ad eccezione dei suoi custodi, e come andammo da lui con alzata la croce, subito egli depose il suo cappello di valore inestimabile e fece riverenza alla stessa croce. Subito io poi posi sul turibolo che avevo con me l’incenso e il Vescovo nostro prese dalle mie mani il turibolo e lo incensò. Poiché coloro i quali vanno da lui debbono sempre portare qualche cosa, osservando l’antica legge: «Non apparirai al mio cospetto a mani vuote», e perciò portammo con noi alcune mele e gliele presentammo sovra un tagliere. Ed egli stesso ne prese due e di una ne mangiò una parte e quindi il detto Vescovo lo benedì. Ciò fatto ordinò a noi di retrocedere, affinché la moltitudine delle persone e degli animali, che ci seguivano, non ci facessero del male. Subito ci allontanammo e partimmo e andammo da alcuni suoi baroni, convertiti dai nostri fratelli dell’Ordine alla fede, e che erano nel suo esercito e offrimmo loro altri pomi, che essi accolsero con grande piacere, e se ne rallegrarono, come se avessimo offerto loro famigliarmente un grande dono”.

Il Beato che era ritornato in Italia per pregare il Papa di inviare laggiù molti missionari perché grande ne era la messe, terminava il suo dettato presso la tomba del Santo con questo racconto che spira francescana semplicità come un capitolo dei Fioretti.

Ma con l’ultimo capitolo il Beato ne dettò un altro, l’ottavo, che infiammò allora i frati verso le missioni: “Del martirio dei frati e dei miracoli da loro compiuti”.

Lo stesso Beato raccolse a Tana [India] le preziose reliquie dei martiri “frate Tommaso da Tolentino, frate Jacopo da Padova, frate Demetrio” uccisi in odio alla fede e le portò a Zaitun [Cina].

Penso all’entusiasmo che avrà suscitato nel Convento del Santo la narrazione del martirio di frate Jacopo che ritto in mezzo alle fiamme invoca “di continuo il nome della Gloriosa Vergine”.

E così le gesta del Beato sono legate alla mirabile storia del progresso della fede nel mondo, per mezzo del francescanesimo, con sacrifici, con il sangue.

Placidus

Nello stesso numero del Bollettino parrocchiale di Milano viene riportato questo saluto a Padre Placido, in partenza per Padova:

Partenze –Il nostro caro Confratello P. Placido Cortese che è stato per qualche ano redattore del caro «Immacolata e S. Antonio», è ritornato a Padova per la direzione del «Messaggero di S. Antonio». Ha lasciato un vuoto nella Comunità di Milano. Auguri sinceri per il nuovo posto che occupa.