Il mese di ottobre, caro ad ogni francescano per la ricorrenza festosa del Padre serafico San Francesco, ci porta anche la memoria “dell’inizio della fine” per il Padre Placido Cortese. In quella domenica 8 ottobre del 1944, quando le ombre dell’umana iniquità sembravano farsi sempre più cupe, il nostro Servo di Dio, tradito in quello che maggiormente lo identificava, la carità verso il prossimo, venne consegnato alla barbarie nazista. Iniziava così il suo “Getsemani”, il suo “frantoio” e Padre Placido, ripetutamente sottoposto a orribili torture, versò il suo sangue: un martirio di carità il suo – che si consumò verso la metà del successivo mese di novembre – ma anche “in odio alla fede” che sempre lo sostenne nell’amore disinteressato verso tutti coloro che beneficiarono della sua “opera sovrumana”, come è stata definita da un qualificato testimone.
Quest’anno vogliamo ricordare l’anniversario dell’arresto di Padre Placido rendendo pubblico un documento, inedito, recentemente ritrovato, che riguarda la presenza certa di Padre Cortese alle fucilazioni per rappresaglia eseguite il 17 agosto 1944 nella caserma nord di Chiesanuova, poco lontano da quel campo di internamento per sloveni e croati dove brillò la carità di Padre Placido negli anni 1942-1943:
Lettera di Carlo Bolzonella
Egr. Dott. Milani,
Le ritorno il libro gentilmente prestatomi, “Un Vescovo tra nazifascisti e partigiani”. L’ho letto con vero interesse perché cercavo confronti tra i miei ricordi e quelli descritti…
Padre Cortese. È sempre stata la grande carità a farlo cadere nel tranello.
Le persone che si sono presentate a prelevarlo sapendo dell’extraterritorialità che il Padre godeva, chiuso nel convento per ordine dei Superiori, lo invitarono a portare urgente soccorso ad un suo protetto. Una volta fuori della Piazza del Santo la cosa era fatta e il Padre spariva per il viaggio senza ritorno…
Per i fucilati di Chiesanuova non si fa cenno all’assistenza [religiosa]. Sono certo che il Padre Placido Cortese del Santo e un secondo Padre, il Padre Campello, pure del Santo, vennero chiamati al triste incarico. P. Cortese stesso, che io incontrai poco dopo l’esecuzione e al quale chiesi dell’evidente malessere, mi chiarì il perché…
“Sono di ritorno dal più penoso e grave incarico avuto. Sono stato chiamato ad accompagnare alla fucilazione un giovane ufficiale rastrellato all’ultimo momento per completare il numero di 10.
Un viaggio penoso, tristissimo, dal carcere al luogo dell’esecuzione con un giovane che mi ripeteva: Padre, perché devo morire? Ma perché devo morire se non ho fatto nulla?”.
La mia descrizione è scarna, povera non come l’ho provata io alla narrazione penosa fattami dal Padre Cortese, tutto fede e carità…
Trovo siano state poche le parole usate per chiamare in argomento il Padre Placido Cortese di Cherso, del convento del Santo, vero martire della Fede e di una grandissima carità spesa per l’assistenza religiosa ai prigionieri politici iugoslavi internati nei campi di Chiesanuova e Arezzo…
Sono molte le persone che devono la salvezza a questo grande Padre che più tardi pagava con la vita tradito da due dei suoi beneficiati.
Con P. Cortese vissi al suo fianco alla fine e lo conobbi molto bene!
Dopo l’8 settembre, le cose mutarono alquanto per entrare nella clandestinità dato che i suoi protetti, i suoi beneficiati, aumentarono con altri di tutte le razze e sparsi dovunque dalla fuga dai campi di concentramento.
La grande carità del coraggioso Padre non aveva limiti per chiunque avesse bisogno, correndo un continuo pericolo…
Chi era, cosa ha fatto questo P. Cortese?
In breve: è stato un grande umile frate del Santo, vero martire, che ha speso la sua preziosa attività di fede e carità al bene dei perseguitati politici dei campi di concentramento di Chiesanuova e Arezzo e da due di essi tradito e ripagato, pagando con la tortura e la morte.
Molti sono quelli che per merito suo hanno goduto la salvezza.
Di Padre Cortese rimane una targa di una nascosta via a lui intestata e pochissimi sanno chi sia mai stato questo umile frate…
Padre Cortese fu sicuramente uno che ebbe il grave triste incarico di assistenza (altro Padre del Santo credo sia stato il P. Campello…).
Padre Cortese, stravolto e visibilmente addolorato mi disse testualmente: Caro Carlo, oggi ho avuto il più grave, doloroso, impegnativo degli incarichi. Sono di ritorno dall’aver accompagnato alla fucilazione uno dei sette innocenti: il 10°, un giovane ufficiale pescato, proprio pescato all’ultimo momento. Il viaggio dal carcere al luogo dell’esecuzione fu un vero calvario. Il giovane, disperato mi ripeteva: “Padre, ma perché devo morire se non ho fatto nulla; ma perché devo morire?”.
A questo terribile interrogativo cosa avrà potuto fare il povero frate se era veramente compreso e distrutto pure lui? E che più tardi avrebbe provato di peggio?
(Carlo Bolzonella)
Carlo Bolzonella (Padova, 19 aprile 1901 – 4 gennaio 1992), fidato collaboratore di Padre Cortese e responsabile della tipografia del Messaggero di S. Antonio, dopo aver letto un libro di don Pierantonio Gios, storico della diocesi di Padova (Un Vescovo tra nazifascisti e partigiani, Mons. Carlo Agostini Vescovo di Padova, 25 luglio 1943 – 2 maggio 1945, Padova – Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, 1986), scrive alcune impressioni al dott. Antonio Milani, fondatore della Casa editrice padovana “Cedam”, specializzata in testi universitari, che gli aveva prestato il volume.
La lettera (una minuta di 18 foglietti, per la precisione, in più versioni, ritrovata tra i documenti raccolti dall’Arcivescovo Antonio Vitale Bommarco) è di notevole importanza perché si tratta della prima testimonianza scritta finora acquisita sulla presenza fisica di Padre Placido Cortese (Bolzonella si dice “certo” di questo, perché gli è stato raccontato dallo stesso Padre Cortese) nel luogo delle fucilazioni del 17 agosto 1944, essendogli stata affidata l’assistenza spirituale di uno dei condannati, Luigi Pierobon secondo l’autore della lettera, inserito all’ultimo momento nella lista dei sette poveri innocenti portati alla morte. A Luigi Pierobon, medaglia d’oro al valor militare, è stata in seguito intitolata la caserma dove avvenne l’eccidio.
Ora sappiamo che a Chiesanuova, in quel giorno tragico, oltre al Padre Fulgenzio Campello (la sua presenza era già nota), era presente anche Padre Placido Cortese.
La lettera di Carlo Bolzonella (qui presentata nelle parti di maggiore interesse) ha un grande valore sotto il profilo della testimonianza, per l’innegabile ammirazione dell’autore nei confronti del Padre Placido Cortese, definito di volta in volta: “vero martire della carità, di grande carità, tutto fede e carità, vero martire della fede, di una grandissima carità, coraggioso Padre, profondamente rattristato (per i fatti del 17 agosto 1944), grande e umile frate del Santo, vero martire, tutto cuore”.
Quando l’8 ottobre 1944 Padre Placido venne portato via da due emissari della SS nazista, aveva ancora nel cuore la tristezza della barbara uccisione di sette innocenti di cui era stato testimone.
A questo documento di grande valore associamo una foto inedita: un sorridente Padre Placido Cortese, viceparroco a Milano (1934-1936), accanto al grande Arcivescovo, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (beatificato nel 1996), durante la sua visita pastorale nella parrocchia dell’Immacolata e Sant Antonio: