C. Liliana era la più giovane delle sorelle Martini che tanto collaborarono con Padre Cortese nell’attività clandestina di aiuto ai perseguitati. Aveva solo 17 anni, ma assai decisa nella di volontà di rendersi disponibile a favore del prossimo bisognoso. Arrestata nel marzo del 1944 assieme alla sorella Teresa, venne deportata nel campo di concentramento di Mauthausen, dal quale fece ritorno a guerra terminata. Ci ha lasciato le sue memorie nel volumetto: «Catena di salvezza» (Edizioni Messaggero Padova). Prima di raggiungere la loro casa in via Galilei a Padova, le due sorelle si recarono nella Basilica del Santo per chiedere notizie di Padre Placido Cortese…
Ho conosciuto padre Placido Cortese a Padova, nella Basilica del Santo, dopo che ci aveva fatto il suo nome un comune conoscente e cioè il Tenente d’aviazione Romani Armando. Le mie sorelle Teresa, Lidia ed io l’abbiamo conosciuto personalmente, dopo l’8 settembre 1943. Non ho mai lavorato al “Messaggero di Sant’Antonio”, infatti allora frequentavo il liceo “Tito Livio”. Dopo l’8 settembre 1943 ho lavorato con lui in soccorso dei perseguitati.
Padre Placido Cortese si presentava quale persona umile, semplice, sempre disponibile e generoso, pronto ad aiutare quanti soffrivano ed erano in difficoltà. Con padre Cortese ho avuto solo rapporti di “lavoro”; comunque negli incontri avuti con Lui, ho riportato nei suoi riguardi un’impressione assai positiva sotto tutti i punti di vista. Da Lui non mi sono mai confessata, né ho assistito alla S. Messa da Lui celebrata. In quanto faceva, padre Placido, dimostrava serenità, disponibilità, convinto di quanto faceva in favore dei fratelli perseguitati.
Due giorni prima del mio arresto da parte delle SS, avvenuto a Padova il 14 marzo 1944, mi sono incontrata con Lui presso l’Arca del Santo per ricevere un mazzo di fotografie, che precedentemente aveva staccate dall’altare di S. Antonio, fotografie di giovani uomini ivi fatte porre a ringraziamento di grazie ricevute. Con un sorriso riconoscente verso le foto, che avrebbero contribuito a salvare tante vite umane perseguitate, padre Placido diceva: “Ora potete fare del bene”. Infatti tali fotografie ci servivano per compilare a casa nostra i documenti falsi, uno in italiano, un secondo in tedesco, che consegnavamo ad ogni prigioniero alleato, scappato dai campi di concentramento intorno a Padova, ad ebrei, ad italiani renitenti alla leva, e provvedevamo in seguito ad accompagnarli in treno sino ad Oggiono (Como) dove li consegnavamo ai contrabbandieri, preventivamente contattati ed avvertiti del loro arrivo. Questi provvedevano, dietro pagamento, a far loro attraversare il confine italo-svizzero. Oltre frontiera si presentavano ad un Comando alleato a ciò adibito.
Fuggite dal campo di concentramento di Grein a. d. Donau, una sezione del campo di Mauthausen verso i primi di maggio 1945 a piedi assieme ad alcuni militari italiani, ci incamminammo seguendo guardinghi e paurosi il percorso ferroviario verso Mauthausen. Lì ci presentammo, mia sorella Teresa ed io al comando alleato americano dove fummo rifocillate. I nostri soldati presero un camion, lo caricarono di viveri e ci portarono verso Linz, il salisburghese e poi Innsbruck. Ci fermarono causa del tifo petecchiale per circa un mese presso un castello assieme ad altri prigionieri italiani. Da lì quando ci dettero il visto, con il camion militare, puntammo su Padova. Qui chiedemmo di portarci presso la Basilica del Santo per ringraziare il Signore di essere tornate e per incontrare padre Placido Cortese. Ci recammo alla cappella del SS. Sacramento con tanta commozione e poi chiedemmo ad un frate che era in Basilica di poter vedere il padre Placido. Dopo un bonario rimprovero del frate per il nostro abbigliamento che non s’addiceva alla casa di Dio, noi dicemmo di essere reduci dal campo di concentramento di Mauthausen. Egli si scusò per la sua uscita poco felice e ci disse che il padre Cortese era stato prelevato nell’ottobre del 1944 e non aveva fatto più ritorno al convento. Ci invitò inoltre ad entrare nel chiostro della Magnolia e lì ci diede qualche notizia in più.
C. Liliana Martini