In questo articolo, scritto per la pubblicazione-omaggio ai lettori del Messaggero di S. Antonio alla fine del 1943, con il titolo «S. Antonio – Il Santo dell’ora presente», P. Placido Cortese descrive con maestria il chiostro, chiamato oggi «del Generale» o «della Biblioteca», nel quale i pellegrini e i visitatori possono incontrare le memorie di alcuni musicisti famosi per la storia della Basilica e della Cappella Musicale Antoniana, illustre, quest’ultima, per la secolare tradizione e per i suoi direttori di chiara fama.
Dei quattro chiostri del convento del Santo il più piccolo e suggestivo è questo della Biblioteca.
Costruito nel ’400 fu restaurato dall’Apolloni di Bergamo nel 1924 e ne è il ricordo in una lapide murata e sulla bandierina che sormonta l’arco del pozzo in ferro battuto del Calegaris di Udine (1925).
Lo ha ideato piccolo ma alto Cristoforo da Bolzano, richiamo al raccoglimento e alla meditazione. I frati lo chiamarono Chiostro del Generale per l’abitazione che vi teneva il Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali di passaggio per Padova o durante i Capitolo Provinciali; fu pure detto Chiostro della Libreria o della Biblioteca perché anche oggi vi si accede per esso. Furono affrescati nel seicento, settecento e ultimamente, entro larghi panneggi rossi, stemmi di Pontefici usciti dall’Ordine dei Frati Minori Conventuali e di Ministri Generali del medesimo Ordine che trascorsero parte della loro vita presso il sepolcro del Taumaturgo: fra Girolamo Massi da Ascoli Piceno (Nicolò V), fra Pietro Filargo da Candia (Alessandro V), fra Francesco della Rovere da Savona (Sisto IV), fra Giuliano della Rovere da Savona (Giulio II), fra Felice Peretti da Montalto delle Marche (Sisto V), fra Lorenzo Ganganelli da S. Arcangelo di Romana (Clemente XIV); fra Angelo Bigoni da Corfù, fra Lodovico Marangoni vescovo di Chioggia, fra Bonaventura Soldatich da Cherso Arciv. titol. di Sardica, fra Vittore Sottaz da Guin e fra Alfonso Orlini da Cherso. Ma il chiostro, che racchiude questi e altri pregiatissimi ricordi, sta forse per aggiungere agli altri un nuovo nome: Chiostro dei Musici. Sull’ingresso che mena alle sale della scuola delle prove e dell’Archivio Musicale venne posta la scritta: Scuola di canto Padre Francesco Antonio Vallotti.
Questo del Padre Vallotti è un grande nome che certamente verrà ricordato più degnamente dalla Ven. Presidenza [dell’Arca]. Il Tartini nel suo Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia pubblicato a Padova nel 1734 esprimeva questo elogio: “Egli è stato eccellentissimo suonatore, come ora è compositore eccellentissimo e vero maestro dell’arte sua”. All’infuori della scritta riferita non c’è altro ricordo in Basilica mentre sono ricordati nomi di minore importanza. Tra le deliberazioni della Ven. Presidenza del 16 dic. 1782 c’è quella di «formare una statua di marmo di Carrara» ma la deliberazione non ebbe effetto e di questo veniva informato il celebre P. Martini che tanto aveva in onore il Vallotti. Fu invece ricordato insieme a Tartini nel monumento in Prato della Valle [recentemente il Vallotti è stato ricordato nel chiostro con un monumentino in bronzo, opera di Roberto Cremesini, 1980].
Il Padre Francesco Antonio Vallotti nacque a Vercelli l’11 giugno 1697. A diciotto anni si fece frate dei Minori Conventuali in Savoia. Passò poi a Cuneo e a Milano e nel 1721 il 6 novembre giunse a Padova. Qui trovò nel suo confratello Padre Antonio Callegari un vero maestro nell’arte della musica. Il 28 dicembre 1722 fu eletto terzo organista della Basilica e il 22 febbraio 1730 Maestro di Cappella, carica che tenne per cinquanta anni. La fama del Padre Vallotti si allargò anche fuori d’Italia. Fu in corrispondenza con il celebre contrappuntista germanico Giovanni Giuseppe Fux, con il P. Martini, con Giuseppe Sarti e con altri musicisti.
Ma nessuno più di lui comprese Giuseppe Tartini che gli fu affezionatissomo. Furono essi che fecero Padova ammirata e invidiata in tutto il mondo. Aveva 83 anni quando si spense, il 10 gennaio 1780.
Ma se il Padre Vallotti è appena ricordato nel magnifico Chiostro, il Tartini è ancora una volta più fortunato del suo amico. In questi giorni dal Chiostro del Noviziato, ove fu posto nel 1924, il bellissimo busto passò qui. La sua opera di musicista era già stata ricordata con lapide nel Chiostro del Capitolo ma alla Ven. Presidenza era sembrata misera cosa al nome grandissimo del Piranese che tanto illustrò la celebre Basilica del Santo.
La lapide fu murata 50 anni addietro nel secondo centenario della sua nascita (1892) e ricorda il «Violinista insigne nell’Antoniana Basilica per dieci lustri Direttore d’orchestra nel 1721-1770. Larghe offerte di principi stranieri respinte, a questa terra ospitale mente e opera sacrò». Quanto il Tartini fosse legato ai Frati del Santo è noto. Li conobbe da bambino nel convento di S. Francesco di Pirano sua città natale ove vide la luce l’8 aprile 1692, fu con essi violinista nel Sacro Convento d’Assisi nascosto al mondo che lo cercava; dopo le sue giovanili avventure, visse 50 anni con essi nella Basilica del Santo. Il Padre Callegari e il Padre Vallotti gli furono amici sinceri. Con il celebre Padre Martini fu in lunga corrispondenza, interessantissima per l’arte e cordialissima.
Nel 1751 dipingeva se stesso con queste parole: “V.ra Riv.za non dubiti, che io mi affatichi nel rispondere alle difficoltà, perché per me è lo stesso che discorrere, e solamente la prego di cuore a compatirmi nel mio difetto, che è un certo impeto naturale in tutte le mie azioni. Con questo impeto parlo, scrivo, mangio, cammino e faccio tutto. Sorpassino dunque l’espressioni impetuose delle mie risposte, se qualche volta inavvertitamente mi sfuggono: sì perché infatti non me ne accorgo, sì perché in sostanza nell’animo mio tengo me stesso e la mia lingua sotto li piedi loro”.
Fu chiamato «maestro delle nazioni» e infatti da ogni parte d’Europa si correva a Padova a sentire l’insigne violinista e a imparare da lui l’arte. Le corti lo chiedevano, i potenti lo volevano ma egli volle vivere presso la grande Basilica. Solo due volte si arrese perché lo troviamo per alcun tempo a Praga e a Roma.
Dal Chiostro del Noviziato fu pure portata nel Chiostro che abbiamo descritto la lapide ad Antonio Callegari padovano (1758-1828) che diresse per quattordici anni la Cappella Antoniana, dal 1811 al 1828. Fu il primo secolare che successe – non con onore – ai maestri religiosi che per tre secoli la tennero con decoro: P. Costanzo Porta, P. Bonifacio Pasquali, P. Orazio Colombani, P. Giulio Belli, P. Francesco Antonio Callegari, P. Francesco Antonio Vallotti, P. Luigi Antonio Sabatini, P. Stanislao Mattei (il maestro di Donizetti e di Rossini), P. Luigi Marsand.
Chi si riallacciò alla tradizione gloriosa dei padri del Santo fu Oreste Ravanello al quale l’Arca ha dedicato il monumento con busto in bronzo dello scultore Strazzabosco nel chiostro ove sorge la scuola di canto ch’egli con paterno amore seguì. La scritta è semplice: sono ricordati i quarant’anni di magistero del grande e indimenticabile musicista: «A Oreste Ravanello – Maestro della Cappella Antoniana dal 1898 al 1938 – la Presidenza della Ven. Arca – 1940».
Con affetto di discepoli, nell’anniversario della sua morte Antonio Garbellotto e Mario Cicogna tracciarono la vita, descrivendo la mirabile prodigiosa attività in una pubblicazione uscita dalla Tipografia del Seminario. Seguendo questo studio, il Ravanello ci appare una figura di primissimo piano in questi 50 anni passati, che furono di travaglio per la musica sacra, ma anche di decisa affermazione per altissimi ingegni. Il Ravanello venne da Venezia – vi nacque il 25 agosto 1871 – ove con il Perosi, sotto la protezione del futuro Papa della musica sacra [Pio X], si andò preparando con studio indefesso all’arte organistica e alla composizione. Quando nel 1898 venne a Padova, egli aveva già un nome e chiari maestri, il Tebaldini e il Perosi, ve lo proponevano con sicurezza di «consolidare per l’avvenire la storica istituzione» della Cappella del Santo.
Da quella lontana data la fama dell’insigne maestro s’è rapidamente diffusa con composizioni felicissime. Il Ravanello ha veramente onorato il Santo di Padova, mettendosi in spirituale fraterna comunione con i Padri del Santo, dando alla musica la funzione che deve avere nello svolgersi della liturgia. Tutta elevazione la sua musica, dalle mirabili Messe ai classici mottetti.
Il centenario Antoniano [1931] ci ha dato il capolavoro della «Missa Antoniana» e lo scultore Strazzabosco ha voluto incidere sul bronzo alcune battute nel cartiglio che il maestro estatico svolge con le mani che tanto hanno scritto e suonato a gloria di Dio.
Le onoranze al maestro Ravanello, con la commemorazione del 250° anniversario della nascita di Giuseppe Tartini, furono tenute nel Chiostro del Generale domenica 2 maggio [1942]. Parlò Innocenzo Cappa, senatore del Regno. La Cappella Antoniana, sotto la direzione del maestro Grassi, eseguì la «Salve Regina» a 4 v. p. di Tartini, «Cantantibus organis» a 5 v. p. e «O Sanctissima Anima» dal Transito di S. Francesco a 5 v. m. di Ravanello.
Resteranno nel piccolo e meraviglioso chiostro le armonie divine di due grandi, dell’Istriano e del Veneziano, che presso il sepolcro del Santo hanno trovato la pace dello spirito nel duro travaglio di questa vita terrena e nell’arte il cammino della immortalità e della gloria.
P. PLACIDO CORTESE