Settembre 1884: Sarto diventa Vescovo di Mantova

Settembre 1884: Sarto diventa Vescovo di Mantova

Soltanto tre mesi dopo, nel settembre del 1884, il Canonico Sarto era Vescovo di Mantova.

Nel suo ritorno da Roma passerà per Assisi – era terziario di S. Francesco – a venerare la Tomba del Padre Serafico e la S. Casa di Loreto.

Da Treviso prima di passare a Mantova non dimenticherà il suo Santo Protettore.

La mattina del 14 gennaio del 1885 prima di andare a fare visita al Vescovo Mons. Callegari si fermò all’Arcella e volle celebrare nella Celletta ove S. Antonio spirò.

Ma il novello Vescovo che andava a venerare e chiedere grazie al Santo – schivo di onori – non volle farsi conoscere.

Era allora parroco Don Luigi Nichetti – essendone stati cacciati i Frati Minori Conventuali e ritornati al loro antico e caro convento soltanto nel 1905 – che scrisse al biografo del Pontefice narrandogli quella visita, che i giornali avevano maliziosamente arricchita di particolari e abbellita.

Ecco cosa scrive il Nichetti:

«Era il giorno 14 genn. 1885, quando venne in chiesa un sacerdote, che mi domandò il permesso di celebrare la Messa. – S’accomodi pure, – io gli risposi, senz’altro. – Finita la Messa, gli esibii di restare servito in canonica a bere il caffè. In quel giorno avevamo in parrocchia un funerale, e prima di recarmi a prendere il morto, dissi al cappellano: Aspetti un momento: voglio vedere se quel sacerdote è andato in canonica a bere il caffè. Lo trovai di fatto nel tinello colla mia madre, ora purtroppo defunta, la quale gli faceva gli onori di casa, e gli aveva anzi chiesto se era venuto forse all’Arcella per andare a morto. Vedutolo da vicino m’accorsi dal collarino violaceo che portava, che doveva essere per lo meno un monsignore. Fu allora che gli rivolsi puramente queste dimande: Ella Monsignore, è forse dei nostri? – No, signore, rispose; sono di Treviso. – Della città o della diocesi? – della città, soggiunse. E basta; io non gli feci altre richieste, ma, congedandomi, lo lasciai colla vecchia madre e me ne andai per il funerale. – Terminata l’ufficiatura, quando fui a scrivere il mio nome nel registro di sagrestia, con mia sorpresa vi lessi la firma: Joseph Sarto Tarvis. – Chiamato il cappellano gli dissi: Ha veduto la firma di quel sacerdote nel registro?… Possibile – dissi – che sia Mons. Sarto, vescovo di Mantova? – Ah! no no; rispose il cappellano. Io lo conosco, perché una volta ci diede gli esercizi in Seminario: lo ricordo assai bene; non è lui, non è lui. – E cosi per allora si rimase quieti. – Alla sera di quello stesso giorno sotto una strida di matrimonio, che avevo mandato a prendere da mons. Rampazzo, parroco del Carmine, leggo, di mano di questo, le parole: «Mi consolo con Lei che questa mattina ha avuto a celebrar Messa Mons. Sarto, vescovo di Mantova». Davvero rimasi di stucco; e di stucco rimase pure il cappellano. La mattina appresso mi recai tosto in curia, chiesi di mons. Sarto; ma era partito. Allora gli scrissi tosto a Treviso, esprimendogli il mio grande dispiacere di non averlo riconosciuto, e perciò di non avergli potuto fare l’accoglienza dovuta al suo grado. Monsignore invece mi rispose con grande bontà, come faceva sempre con tutti. Eccole la storia genuina del fatto, che fu così comicamente falsato e diffuso».