A ridosso della solennità di S. Antonio, Padre Placido Cortese pubblica questo articolo significativo, ripreso anche dal quotidiano locale, per raccontare ai lettori lo stupore che si rinnova ogni anno attorno alla «tomba del prodigio»: un fiume umano che scorre accanto alle spoglie mortali del Santo amatissimo. La sua tomba è il cuore di Padova, e la città di essa vive.
Padova vive d’una tomba. Sono parole di Ozanam e le ripetiamo oggi mentre le folle si sospingono verso la tomba prodigiosa per baciare il marmo che racchiude le ceneri del portoghese divenuto padovano perché qui egli volle chiudere i suoi giorni, cantando alla Vergine gloriosa nella visione gaudiosa di Dio.
Nella piccola Cella del transito e nella grande Basilica, viene ricordato questo tramonto divenuto aurora di prodigi senza numero.
Il Tommaseo che più volte «poggiò la fronte sull’Arca del Santo» e che vide di quale amore i padovani circondino il loro Santo, canterà:
Lo stranier frequente
d’ogni contrada e il pio cultor de’ campi
e le tenere donne, e i vecchi infermi
vengono in folla, e con ansio desìo
la man quasi a tesor tendono all’urna
del Poverel d’Iddio: chi bacia il marmo
chi ginocchion si prostra, e chi v’appoggia
quasi lassato peregrin, la fronte.
Pendon dall’ara e da’ pareti intorno
le immagini votive, e l’ampio loco
è a tanta schiera di portenti angusto.
Le «immagini votive» si sono moltiplicate in questi giorni e l’ara del Santo è tutto un anelito, un sospiro, una preghiera. Più che il crepitio dei ceri e lo sfavillio delle lampade e degli ori sono le numerose fotografie dei nostri soldati che cantano l’inno della riconoscenza al Santo per la protezione avuta nei cimenti dolorosi mentre scrivevano pagine di amore e di gloria sul libro fulgido dell’eroismo patrio.
Intorno all’Arca sono cuori fiduciosi, cuori che sperano, cuori che ardono. I grandi miracoli che circondano l’Arca sono nascosti ma il miracolo è questo andare e venire della folla che «bacia il marmo».
E su l’Arca fulge di splendore il reliquario del Mento che passò in processione tra un popolo osannante che prostrato vide passare come passò sette secoli addietro per le vie di Padova il Santo dei miracoli, il Santo della pace. E nella Cappella del Tesoro la Lingua benedetta accolse come il marmo dell’Arca, il bacio delle folle.
Padova vive della Tomba del Santo. In questi giorni di dura guerra camminano quasi verso la luce i pellegrini da ogni dove. Tutti sono umili, anche se il loro nome è noto al mondo, davanti all’umilissimo e purissimo Santo. Portano questo dono a lui che attende e che ripete le parole di Gesù – scritte in oro sulla volta luminosa dell’Arca –: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi ed io vi ristorerò».
Padre Cortese
Il Gazzettino – Padova – 13 giugno 1942