Padova, 2 maggio 1933. – Lettera del Servo di Dio a Lucio Ceccaroli

Padova, 2 maggio 1933. – Lettera del Servo di Dio a Lucio Ceccaroli

Rivolgendosi ad uno dei suoi figli spirituali, dà alcuni consigli in relazione soprattutto al rapporto di fidanzamento.

Dai Chiostri del Santo, 2 maggio 1933

Jesus!

Carissimo Lucio,

il dono gentilissimo non mi può lasciar tranquillo se non esterno il ringraziamento doveroso; perciò grazie del bel libro e della lettera accompagnatoria. Le belle parole che mi scrisse stanno a rispecchiar la nobiltà del suo sentire e del desiderio che punge il suo cuore. Devo dire però una parola ispirata a bene ed è quella di conservare perfetto equilibrio dello spirito. Un giovane che guarda all’avvenire con fiducia sa vincere e deve vincere quelle che sono le fallaci lusinghe della verde età che distolgono l’animo da quelle che sono le vere finalità della vita. Se la vita non è dolore – il pessimismo lasciamolo al cantor della luna – non è neppure gioia; è gioia e dolore perché in ogni esistenza troviamo queste due note contraddicentesi che una volontà educata e sani principi sa ricomporre in armonia mirabile. Non abbiamo qui una stabile dimora – così scriveva il Pescatore di Galilea. Perciò – tutto quello che qui giù è bello, è buono, è vero deve perennarsi – versetto dantesco – nel mondo che luce e amore ha per confine – Chi sospira e vuol andare in Paradiso deve sacrificarsi. Il sacrificio – parola ostica ad una volontà debole – è forza e speranza di nobili opere in quella forte. Perciò volentieri pregherò per la Loro purezza e per la costanza dei Loro propositi. Non voglio andar a pensar a quel disco “ferale” ove una testa bionda nel sangue, grida: – Non t’è lecito – no, penso solo al bene e desidero che non ci sia nuovo bisogno di parola così forte. Se posso essere amico, se posso essere padre, desidero essere quella povera voce che va alla coscienza Sua e che toglierà i veli che potrebbero coprirla. È un po’ tardi e non posso esser più lungo. (ma non era necessario, anzi … ); scusi poi se sono venuto a tediarLo con questi pensieri.

Punto fermo. Ecco ciò che Le avevo scritto – assonnato – la notte del 20 aprile. Avendo però visto in questi giorni Anny, ho pensato di continuar questa con altri avvertimenti, che, spero, Le giungeran graditi. E per primo osservo che se Lei e Anny ubbidivano un po’ a me, le cose sarebbero andate avanti altrimenti. È vero?

Per quanto bene ti vogliano loro due, la mamma di Lei giustamente non permette che si possano incontrare soli, soli. Così fa ogni mamma che vuol bene alla creatura sua e a cui non desidera che felicità e gioia. Perciò Lei saprà vincersi e il desiderio di vederLa lo rileghi nelle giogaie del Caucaso! Lì ove un avvoltoio rode continuamente il cuore di Prometeo! … L’amore non deve rubarLe il tempo dello studio. L’avvenire suo sarà fondato e sicuro se peserà su basi solide che si devon gettare ora. Chi ha tempo non aspetti: il proverbio – sapienza degli antichi – direbbe questa volta assai bene. Domani potremo piangere la perdita di esso.

Qui di nuovo il somaro prende il basto perduto, non so per qual cosa, il giorno vattelapesca. Scuserà se, per essere fedele alla promessa, continui e termini la lettera giunta presto alle calende greche! Non mi costringa a riscriver tutto, perché il tempo è breve e devo mettere a posto tante cose; legga in queste mie povere parole il desiderio di vederLo domani felice. Ho detto domani perciò attento oggi!

Mi ricordo gli ardenti moniti del Poeta: – Chiamavi il cielo e intorno vi si gira – mostrandovi le sue bellezze eterne – e l’occhio vostro pure in terra mira – Nel bel mese della Vergine drizziamo gli sguardi nostri in alto: lassù idealità e purezza!

Indegnamente e debolmente continuo a pregar per Loro due; di nuovo si raccomanda

dev.mo

f. Placido Cortese ofmconv.

Firma Placido Cortese